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È bene precisare che i fruttariani non si alimentano di frutta, ma di frutti, inclusi i falsi frutti. Questi indicano un qualunque organo di una pianta che racchiuda almeno un seme, ovvero un embrione vegetale pronto a germogliare. Nel fruttarismo sono considerati frutti anche quelli privi di semi, come ad esempio le banane o certi tipi di agrumi. Se in botanica quindi il frutto è quell’organo della pianta che ha lo scopo di proteggere il seme e favorirne la sua dispersione, nel liguaggio comune invece ci si riferisce alla frutta solo per il suo significato culinario e quindi per frutta si intendono solo i frutti dolci.
Per i fruttariani il significato della frutta è quello botanico ma è loro uso classificare la frutta anche secondo un personale significato culinario che dà luogo alle seguenti tipologie:
frutti dolci (mela, pera, pesca, banana, kiwi, ecc.)
frutti amari (karela, pompelmo, melangolo, chinotto, ecc.)
frutti piccanti (peperoncino, ecc.)
frutti ortaggi (melanzana, zucca, zucchina, pomodoro, peperone, cetriolo, carosello, ocra, cocuncio, ecc.)
frutti grassi (oliva, avocado, durian[22], ecc.)
frutti aspri (limone, cedro, lime, ecc.)
frutti amidacei (platano, artocarpus, ecc.)
frutti baccelli (carruba, fagiolo, pisello, fava, ecc.)
frutti noci (noce, mandorlo, ecc.)
La ricerca dei fruttariani di nuovi possibili alimenti dà vita ad ulteriori tipologie, soltanto teoriche o potenziali:
frutti esotici (kiwano, carambola, feijoa, ecc.)
frutti antichi (giuggiola, corbezzolo, sorbo, ecc.)
frutti acquatici (trigolo, posidonia, ecc.)
Nel fruttarismo vengono inoltre rivalutati alcuni cibi, è il caso ad esempio delle scorze dei baccelli. Per questi infatti non solo l’uso alimentare ma lo stesso valore nutrizionale è andato dimenticato, sebbene siano assolutamente eduli e di effettivo impiego in antiche ricette della tradizione contadina.
Così pure il mallo delle mandorle immature, la buccia verde che ricopre il guscio ligneo contenente il seme, può essere anch’esso utilizzato a scopo alimentare. Il mallo delle noci immature invece non viene utilizzato a scopi alimentari diretti e non si trova in commercio, ma entra nella composizione del liquore di noci. Possono essere inclusi gli oli di polpa di frutti (oliva, avocado), le farine di polpa di frutti (zucca, platano, carruba, jackfruit, pomodoro), le salse i concentrati e i pelati di pomodoro, spezie come la paprica dolce e il fruttosio in commercio purché derivato dalla frutta.
Nel fruttarismo, considerato il relativo elevato contenuto d’acqua nella frutta fresca, l’assunzione della comune acqua potabile o dell’acqua minerale, sebbene sia permessa, è ritenuta non essenziale.
La frutta disidratata
Quasi tutta la frutta fresca si può trasformare in frutta disidratata. Ne sono esempi i fichi secchi, i datteri secchi, le prugne secche, i pomodori secchi, l’uva passa, eccetera.
A seconda del metodo di lavorazione la frutta disidratata si può dividere in due categorie: la frutta candita e la frutta essiccata.
La deprivazione dell’acqua avviene a freddo, attraverso osmosi con lo zucchero, nel caso della frutta candita, e a caldo, tramite essiccazione naturale al sole o con speciali essiccatori con ventilazione a 70 °C, nel caso della frutta essiccata. Nella frutta candita si ha una deprivazione dei nutrienti ed un accumulo di glucosio, fino al 70% del peso. Inoltre la frutta candita in commercio di norma viene ottenuta con l’uso di zucchero di barbabietola che la rende inadatta al fruttarismo. Almeno in teoria però sarebbe possibile sostituire lo zucchero comune con il fruttosio. Nella frutta essiccata invece la disidratazione dei frutti permette di concentrarne le sostanze nutritive, ottenendo, a parità di peso, un prodotto particolarmente ricco in nutrienti. Ad esempio, mentre il pomodoro fresco ha un contenuto proteico dello 0,88%, nel pomodoro secco questo sale al 14,11% (per confronto la soia secca, alimento base nel veganismo, ha un contenuto proteico del 36,9%).
La frutta secca
Il mallo attorno ad una noce
Nel linguaggio comune, con il termine di frutta secca, vengono indicati semi come le nocciole, le mandorle, le noci, i pinoli, le arachidi, i pistacchi, le castagne, gli anacardi, eccetera. Nell’alimentazione apportano quote relativamente significative di proteine. I semi di zucca, ad esempio, hanno un contenuto proteico del 30,23% (per confronto la soia secca, alimento base nel veganismo, ha un contenuto proteico del 36,9%). Alcuni fruttariani ritengono lecito cibarsi di questo tipo di semi perché la biologia della riproduzione delle piante ad essi associate prevede il consumo di una quota dei semi da parte degli animali che operano la disseminazione.
Naturalmente chi accetta il consumo della frutta secca accetta anche quello dell’olio del vino e dell’aceto comuni, la cui produzione cioè abbia comportato anche la spremitura dei semi delle olive e dell’uva e, allo stesso modo, del peperoncino in polvere e della paprika piccante, la cui produzione cioè abbia comportato anche la macinazione dei semi del peperoncino e del peperone. In particolare il latte di mandorla e il latte di cocco assumono il ruolo di latte fruttariano, equivalente alla funzione del latte di soia, ad esempio, adoperato nel veganismo.
Fonte: WIkipedia