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Tra le diete semivegetariane troviamo quelle seguenti:
dieta flexitariana o part-time vegetariana: alimentazione prevalentemente vegetale che consente, solo occasionalmente, l’uso di cibi di provenienza animale;
dieta falso-vegetariana o week-end vegetariana: sono ammessi alimenti di origine animale, compresa la carne, non più di una/due volte la settimana;
dieta macrobiotica: tipicamente non include carne o latticini e può quindi presentarsi anche come una dieta vegana, ma in alcune forme può comprendere limitate quantità di pesce, oltre a differire notevolmente sotto altri aspetti dalle diete vegetariane più comuni.
La cucina giapponese tradizionale, basata principalmente su modeste quantità di pesce con riso e verdure, la cucina mediterranea, in cui si privilegiano le carni dei pesci e con un apporto totale di carni limitato, e la cucina indiana meridionale, tendenzialmente latto-vegetariana, possono essere considerati altri esempi di diete semivegetariane.
Nei paesi anglosassoni si sono diffusi alcuni neologismi basati sulla parola inglese vegetarianism (vegetarianismo) per definire modelli dietetici che escludono tutti i tipi di carne eccetto, ad esempio, il pesce (pescetarianism), o il pollame (pollotarianism), eccetera. Questi modelli alimentari possono derivare da una motivazione etico-filosofica basata sull’idea di evitare i cibi provenienti da determinati animali, permettendo quelli dei restanti, sulla base di una scala gerarchica evolutiva, che pone alcuni animali al di sopra degli altri. In particolare gli animali superiori sono considerati ad alto ordine e meritevoli di un trattamento migliore. In un esempio di tale scala i mammiferi stanno al di sopra degli uccelli, seguiti dai pesci ed infine dagli invertebrati.
Un’altra motivazione che può portare al concetto di scala gerarchica evolutiva è di tipo salutistica e deriva dall’osservare che le carni rosse dei mammiferi possono essere negative per la salute umana mentre quelle dei pesci, al contrario, hanno un ruolo positivo. Questo può portare alla conclusione che tanto più, nella scala evolutiva, una specie animale è lontana dai mammiferi, a cui l’uomo appartiene, tanto più i cibi che da essa si possono ricavare sono meno nocivi per l’alimentazione umana. Una diversa discriminazione di tipo scalare si ha quando alcune persone hanno obiezioni etiche riguardo al mangiare la prole degli animali come, ad esempio, il vitello o l’agnello.
In tal caso sono gli individui giovani, rispetto agli adulti, ad essere considerati ad alto ordine e meritevoli di un trattamento migliore. Queste particolari diete, che escludono totalmente una o più tipologie di carni, spesso vengono erroneamente classificate come semivegetariane per le limitazioni sulla qualità della carne previste nell’alimentazione. In realtà non possono appartenere al semivegetarianismo, che impone solo una limitazione sulla quantità totale di carne consumata, lasciando quindi il soggetto libero di scegliere ogni tipo di prodotto animale. Queste diete costituiscono pertanto dei regimi alimentari a se stanti. Fra di esse vi sono le seguenti:
dieta vegetariana patosensibile: sono ammessi alimenti di origine animale, compresa la carne, fatta eccezione la provenienza da animali superiori a sangue caldo e quindi dagli uccelli e dai mammiferi;
dieta pescetariana: sono ammessi alimenti di origine animale, compresa la carne, con provenienza solo dal pescato, e quindi da pesci molluschi e crostacei, di mare di lago e di fiume.
Il consumo limitato della carne e, in generale, di alimenti provenienti da fonti animali, apporta gli stessi benefici forniti dalla dieta semivegetariana più indagata, ovvero la dieta mediterranea, Il sui valore per la tutela della salute è così alto da essere stata dichiarata patrimonio immateriale dell’umanità. Condurre una dieta semivegetariana, riducendo il rischio di sviluppare gravi patologie come il diabete ed il cancro, estende il periodo temporale in cui si può godere di buona salute e la durata complessiva della vita.
Biografia
^ Sabate J. et al. definiscono come semivegetariani coloro che assumono occasionalmente carne ma che principalmente seguono una dieta vegetariana. Fonte: Sabate J., Ratzin-Turner R.A., Brown J.E., Vegetarian diets: descriptions and trends. Cit. in: ADA, Dietitians of Canada, Position of the American Dietetic Association and Dietitians of Canada: Vegetarian diets. Journal of the American Dietetic Association, June 2003, Volume 103: Pages 748-765. Trad. italiana: Posizione dell’American Dietetic Association e dei Dietitians of Canada: Diete Vegetariane.
^ Tonstad S. et al. definiscono come semivegetariani coloro che assumono latticini, uova, carne rossa e pollame con una frequenza uguale o superiore ad una volta al mese e inferiore ad una volta alla settimana. Fonte: Tonstad S., Stewart K., Oda K., Batech M., Herring R.P., Fraser G.E., Vegetarian diets and incidence of diabetes in the Adventist Health Study-2
^ Fraser G.E. et al. definiscono come semivegetariani coloro che assumono pesce e pollame con una frequenza inferiore ad una volta alla settimana. Fonte: Fraser G.E., Associations between diet and cancer, ischemic heart disease, and all-cause mortality in non-Hispanic white California Seventh-day Adventists.
^ Barr S.I., Chapman G.E., Perceptions and practices of self-defined current vegetarian, former vegetarian, and nonvegetarian women. Cit. in: ADA, Dietitians of Canada, Position of the American Dietetic Association and Dietitians of Canada: Vegetarian diets. Journal of the American Dietetic Association, June 2003, Volume 103: Pages 748-765. Trad. italiana: Posizione dell’American Dietetic Association e dei Dietitians of Canada: Diete Vegetariane.
Fonte: Wikipedia